Si è aperta con un'improvvisa fuga di divi la 54° Berlinale.
Alla fine ha rinunciato anche Jude Law e, ad accompagnare il film d'apertura Cold Mountain, è rimasto solamente il regista Anthony Minghella. A tenergli compagnia sul tappeto rosso dell'inaugurazione del Festival la presidente di giuria Frances Mc Dormand e inoltre Faye Dunaway e le due star tedesche Claudia Schiffer e Armin Müller-Stahl.
Repubblica apre sul 54° Festival di Berlino con una recensione di Cold Mountain firmata da Natalia Aspesi. L'epopea della guerra civile americana di Anthony Minghella non è piaciuto particolarmente alla Aspesi che lamenta che il film è un po' una barba. Insomma, gli oltre 160 minuti della novella odissea di Jude Law non hanno particolarmente impressionato la storica firma di Repubblica, che nota, inoltre, la quasi totale assenza di attori di colore in un film sulla guerra di secessione. Questione a cui Anthony Minghella risponde direttamente a Maria Pia Fusco, l'altra inviata del quotidiano romano, nell'intervista pubblicata a lato della recensione. Minghella ricorda che nel Nord Carolina si andava in guerra non per razzismo per ma per paura di un invasione nordista.
Più convinto del film di Minghella è Tulio Kezich sul Corriere della Sera. Le due ore e mezza di battaglie e fughe non hanno di certo annoiato il critico del quotidiano milanese, anche se rileva qualche manierismo di troppo. Kezich chiude notando che il ruolo di Nicole Kidman è forse troppo appannato e di secondo piano e lamenta un eccesso di violenza di alcune scene, eccesso che secondo lui sono costati al film il successo di massa negli USA.
Nella stessa pagina Maurizio Porro riporta le dichiarazioni di Minghella e di Henry Wienstein, il produttore del film che ammette di sentirsi molto in sintonio con il Festival di Berlino, mentre con Cannes ho avuto problemi.
Il Corriere della Sera è l'unico giornale italiano a parlare del primo film italiano passato alla Berlinale di quest'anno, Il vento, di sera di Adriano Adriatico presentato nella sezione Forum. Maurizio Porro, che firma l'articolo, da un giudizio particolarmente convinto di questo piccolo film italiano che, partendo da un omicidio, mostra come tutte le vite siano tra loro legate. Il particolare che ha colpito in particolar modo il giornalista milanese è il modo, assolutamente non scandalistico o accentato, in cui viene raccontato il rapporto gay tra i due protagonisti.

Fulvia Caprara sulla Stampa di Torino sottolinea, parlando del film d'apertura, soprattutto il dibattito sorto negli USA intorno al film di Minghella. Raccontare una storia così profondamente americana, facendola dirigire e interpretare da due inglesi e una neozelandese, e girando il tutto in Romania, ha creato un po' di sconcerto oltreoceano. Ma Minghella si è difeso alla Berlinale e Caprara riporta le parole del regista che sottolinea il bisogno di ricreare un mondo ormai passato bisogna cercare i posti giusti per farlo. Insomma, per trovare la Carolina del Nord del XIX secolo bisogna andare in Romania. La Caprare chiude il pezzo sull'inaugurazione della Berlinale riportando le proteste che sono state inscenate davanti al Festival da parte di studenti, in protesta contro i tagli alla scuola tedesca.
Alessandra Levantesi, nella recensione di Cold Mountain, da un giudizio sostanzialmente positivo della spettacolare messa in scena e dell'interpretazioni di Jude Law e della Zellweger. Un po' troppo manierista Nicole Kidman secondo la giornalista torinese.