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•• 09.01.04 ••
Sundance Film Festival
park_city Il cinema americano e quello mondiale viaggiano spesso su binari paralleli ma non convergenti. Creare varchi dimensionali che possano miracolosamente unire queste due rette parallele è compito del Sundance Film Festival 2004, a Park City nello Utah dal 15 al 25 gennaio. Creato da Robert Redford per promuovere il cinema indipendente americano e dare un diversivo ai vacanzieri invernali di Park City, il Sundance Film Festival è diventato nel corso degli anni il più celebre e importante festival cinematografico americano. E in un paese, non certo avaro di festival, ma che ha sempre prediletto i suoi awards, non è cosa da poco.

Nel corso degli anni, come sempre accade, non appena la fama del Sundance ha varcato i confini dello Utah, cori di prefiche d'oltreoceano si sono affrettati a raccontarci di come ormai la manifestazione si fosse venduta alla major hollywoodiane tradendo l'idea di cinema indipendente. Ma il Sundance Film Festival è semplicemente cresciuto, fino a inserirsi nella tradizione di tutti i grandi festival europei, coniugare mercato e autorialità, uscendo da quel ghetto che sono la maggior parte dei festival americani, un ghetto in cui si gioca a fare gli europei, senza neanche sapere bene cosa sono poi questi europei. E così il Sundance, a dispetto di tutti i maligni, si è avvicinato, per stile e tradizione, a Cannes, Venezia e Berlino, diventando uno dei festival più autorevoli e seguiti al mondo.
Un trampolino di lancio da cui autori emergenti del cinema americano si possono affacciare sul mondo e un luogo in cui il cinema di tutto il mondo si può mostrare al pubblico e agli addetti americani. Da Park City si sono lanciati Tarantino, i fratelli Coen, Christopher Nolan, Bryan Singer, Todd Solondz, Paul Thomas Anderson, Todd Field, i documentaristi Barbara Kopple e Errol Morris (passato poi al Torino Film Festival, che del Sundance è spesso l'ambasciatore in Italia).
Ma la strada che porta a Park City non è a senso unico. E nel piccolo centro sciistico dello Utah si sono fatti conoscere Tom Twyker, Gaspar Noé, Lukas Moodyson, Danny Boyle, e, per l'Italia, Gabriele Muccino, Davide Ferrario e Roberta Torre. E anche a scorrere il programma di quest'anno si riconosce la natura di crocevia di questo festival. A fianco di giovani nomi americani, alcuni dei quali vedremo nei futuri festival internazionali, il Sundance porta negli States un assaggio di quello che passa nel resto del mondo: da Dogville di Lars Von Trier a The Dreamers di Bertolucci, da Goodbye, Lenin! di Wolfgang Becker a Ricordati di me di Gabriele Muccino, dall'astro nascente del cinema coreano Ki Duk Kim fino a quella vecchia volpe di Takeshi Kitano. Introducendo, appunto, Zatoichi, la scheda di presentazione del film ricorda che Takeshi Kitano non è conosciuto negli Stati Uniti come dovrebbe essere. Ed è per risolvere questo problema che è nato il Sundance Film Festival.

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